A circa due anni dalla sua introduzione e a oltre un anno dall’operatività del Registro informatico, il pegno mobiliare non possessorio muove i suoi primi passi nel sistema delle garanzie italiane. Nato con l’obiettivo di favorire l’accesso al credito delle imprese senza comprometterne la continuità produttiva, l’istituto è al centro di una prima analisi pubblicata nel volume Territorio Italia 2024-2025, che ne fotografa l’utilizzo iniziale, i risultati conseguiti e le possibili traiettorie di sviluppo.
Introdotto dal decreto-legge n. 59 del 2016 e divenuto pienamente operativo dal giugno 2023, il pegno mobiliare non possessorio consente all’impresa di concedere in garanzia beni mobili – come macchinari, attrezzature o altri asset funzionali all’attività – senza perderne il possesso. In questo modo, il bene resta nella disponibilità dell’imprenditore e continua a essere utilizzato nel ciclo produttivo, superando uno dei principali limiti del pegno tradizionale.
Il ruolo del Registro e le caratteristiche dell’istituto
Dal 15 giugno 2023 le imprese possono iscrivere il pegno nel Registro informatico dei Pegni mobiliari non possessori, gestito dall’Agenzia delle entrate attraverso l’Area Registro pegni dell’Ufficio provinciale – Territorio di Roma. Tutte le operazioni – dall’iscrizione alla rinnovazione, dalla cancellazione alle modifiche – sono effettuabili online tramite l’area riservata del sito dell’Agenzia, così come le visure e le richieste di certificazione.
Tra le peculiarità più innovative dell’istituto vi è il cosiddetto patto di rotatività, che consente di sostituire i beni originariamente dati in garanzia con altri beni senza dover costituire un nuovo pegno. Inoltre, la garanzia si estende automaticamente al prodotto della trasformazione del bene, al corrispettivo della sua cessione o al bene acquistato con tale corrispettivo. Proprio queste caratteristiche hanno reso necessaria l’istituzione di un registro ad hoc, indispensabile per assicurare pubblicità legale e opponibilità ai terzi. L’iscrizione ha durata decennale ed è rinnovabile, secondo un meccanismo simile a quello previsto per le ipoteche.
I numeri del primo anno: pochi atti, valori elevati
La prima fotografia del Registro mostra numeri ancora contenuti: nel primo anno di attività sono state presentate 119 domande di iscrizione (40 nel 2023 e 79 fino a luglio 2024) e annotate 38 formalità. Si tratta di un utilizzo limitato, ma con un valore complessivo garantito che supera i 6,8 miliardi di euro, in gran parte riconducibile a un’unica operazione di rilevante dimensione relativa a uno stabilimento industriale.
Dall’analisi dei dati emergono due principali ambiti di applicazione: il settore industriale, con particolare riferimento ai macchinari per la produzione, e il settore agricolo, soprattutto nel comparto dell’allevamento. I “macchinari industriali, macchine e apparecchi meccanici ed elettronici” rappresentano quasi la metà delle formalità iscritte, seguiti dalla categoria degli “animali vivi e prodotti del regno animale”, che supera il 25%.
Il confronto europeo
L’articolo propone anche una comparazione con istituti analoghi presenti in altri ordinamenti europei. In Spagna, ad esempio, esistono forme di pegno senza spossessamento su beni agricoli, animali, macchinari e prodotti, con obbligo di iscrizione in appositi registri e possibilità di rotatività dei beni. In Germania, Francia e Regno Unito sono previste garanzie simili, accomunate dalla finalità di preservare la disponibilità dei beni aziendali e sostenere la continuità produttiva, attraverso adeguati regimi di pubblicità legale.
Uno strumento giovane, tra potenzialità e criticità
La parte conclusiva dell’analisi è dedicata alle questioni giuridiche e interpretative emerse nella prima fase di attuazione del Registro. Il bilancio iniziale evidenzia punti di forza evidenti, ma anche margini di miglioramento e aspetti che necessitano di ulteriori chiarimenti applicativi.
Il pegno mobiliare non possessorio resta uno strumento giovane e fortemente innovativo. La sua piena affermazione dipenderà dal tempo, dalla prassi operativa e dalla capacità di imprese, professionisti e istituzioni di valorizzarne le potenzialità, trasformandolo in una leva strutturale per l’accesso al credito e lo sviluppo del tessuto produttivo.