Pubblicato nella G.U.R.I. n. 153 del 2 luglio 2024, il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica 21 giugno 2024 (adottato di concerto con il Ministro della Cultura e con il Ministro dell’Agricoltura) disciplina l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Con la sentenza n. 9155/2025, la terza sezione del TAR Lazio ha annullato l’articolo 7, commi 2 e 3, del suddetto decreto ministeriale, con obbligo, per il MASE, di rieditare i criteri per l'individuazione delle aree idonee e non idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili, nonché di dare attuazione al disposto di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), n. 1), della legge 22 aprile 2021, n. 53 entro il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza o dalla sua comunicazione in via amministrativa, ove anteriore, senza vincolo di contenuto ma nel rispetto di quanto statuito con il dictum giudiziale.
La sentenza ha accolto parzialmente il ricorso dell'ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento), in particolare ha accolto il quarto e il settimo motivo di ricorso, limitatamente al secondo profilo di censura con essi rispettivamente articolato, nonché il sesto motivo di ricorso e l’ottavo motivo.
Difetto di omogeneità
Secondo il Tar Roma, sia i criteri di individuazione delle aree idonee, sia quelli che presiedono alla perimetrazione delle aree non idonee scontano il difetto di omogeneità censurato da parte dell'ANEV. “I primi, infatti, in ragione della loro carente specificità, si risolvono in una sostanziale devoluzione alle Regioni dell’onere di individuare dette aree sul proprio territorio senza la “guida” dei principi e criteri statali che il legislatore delegante aveva previsto che fossero dettati in sede di attuazione della delega legislativa conferita con la legge n. 53/2021, con conseguente frustrazione delle esigenze di uniformità strumentali alla tutela dei valori di rango primario incisi dall’esercizio delle attribuzioni regionali in subiecta materia”.
“Parimenti”, osserva la sentenza, “difetta di omogeneità il criterio con il quale l’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale ha previsto un unico range di ampiezza fino a sette chilometri per la possibile individuazione delle fasce di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela. Tale criterio, infatti, risulta suscettibile di ingenerare applicazioni della disciplina per la individuazione delle aree non idonee differenziate tra le distinte Regioni, ponendosi in contrasto con l’articolo 20, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021, così come prospettato dalla Associazione ricorrente”.
Legittimi altri punti del DM 21 giugno 2024
Per quanto riguarda invece i motivi di ricorso bocciati, la terza sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha osservato che “alla luce delle considerazioni esposte sulla natura e la funzione delle aree non idonee nel nuovo assetto normativo, la circostanza per cui la loro individuazione non debba più avvenire con un atto amministrativo di programmazione, bensì con legge regionale, non vale di per sé a rendere illegittima la scelta operata con il decreto ministeriale 21 giugno 2024”.
Inoltre, “posto che le aree non idonee fungono solo da indici rilevatori di esigenze di carattere paesaggistico-ambientale che le amministrazioni procedenti sono tenute a gestire in maniera più articolata nell’ambito dei singoli procedimenti di autorizzazione – il che risulta anche compatibile con i principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega ai fini della introduzione della disciplina della individuazione delle aree idonee e non idonee – il mero utilizzo lessicale del termine “incompatibile” non accompagnato da un correlato divieto aprioristico e generalizzato, non vale a rendere l’articolo 1, comma 2, lett. b), del d.m. del 21 giugno 2024, contrastante con il principio eurounitario della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile”, ha precisato il Tar Roma.