Normativa

Istanza sanatoria Salva Casa, TAR: il Comune deve provvedere anche senza la nuova modulistica

TAR Lombardia: anche in assenza della nuova modulistica correlata al Decreto “Salva Casa”, il Comune deve ottemperare al proprio obbligo di provvedere sull’istanza edilizia del soggetto privato presentata ai sensi del nuovo art. 36-bis del DPR n.380/2001 (Testo Unico Edilizia)

mercoledì 21 maggio 2025 - Alessandro Giraudi

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Anche in assenza della nuova modulistica correlata al Decreto “Salva Casa”, il Comune deve ottemperare al proprio obbligo di provvedere sull’istanza edilizia del soggetto privato presentata ai sensi del nuovo art. 36-bis del DPR n.380/2001 (Testo Unico Edilizia).

È quanto si evince dalla sentenza n. 1501 del 30 aprile 2025 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta).

Ricordiamo che con la delibera della Giunta regionale 15 aprile 2025 n. XII/4246, la Lombardia ha approvato l’aggiornamento della modulistica edilizia regionale, per adeguarla alle ultime novità introdotte a livello nazionale con il Salva Casa (Decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 convertito nella legge 24 luglio 2024, n. 105, in vigore dal 28 luglio 2024).

Il 27 marzo 2025 è stato sancito in Conferenza Unificata l'Accordo tra Governo, Regioni e Anci sullo schema relativo alle modifiche alla modulistica edilizia concernenti la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), il Permesso di Costruire, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività alternativa al Permesso di Costruire e la Comunicazione d’Inizio Lavori Asseverata (CILA).

La scadenza per l'adeguamento alla modulistica unificata e standardizzata è stata fissata al 9 maggio 2025 per le Regioni e al 23 maggio 2025 per i Comuni e le Città metropolitane.

Il ricorso al TAR Lombardia

Con il ricorso si espone di aver presentato al Comune di Cassano Magnago istanza di permesso di costruire in sanatoria in data 29/10/2024, utilizzando in assenza di modulistica ad hoc correlata al Decreto “Salva Casa” quella ordinaria prevista per il deposito telematico al SUAP. In sintesi, è stato richiesto, ai sensi dell’art.36-bis del DPR n.380/2001 come modificato dal Decreto “Salva Casa” n.69/2024 convertito dalla Legge n.105/2024, l’accertamento di conformità di opere realizzate in parziale difformità e per la demolizione di opere realizzate in assenza di autorizzazione - queste ultime rimosse – nella forma semplificata per gli abusi edilizi corrispondenti a parziali difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA che, per ottenere la regolarizzazione, debbano essere conformi ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione e alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda.

Le unità immobiliari ricadono in “Aree destinate all’esercizio dell’attività agricola”, non sono ricomprese in ambito paesistico né sono interessate da alcun vincolo; è stata asseverata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di sanatoria, ma non è stato adottato alcun provvedimento neanche dopo la PEC del 14/12/2024 con cui si è segnalato il decorso dei termini del procedimento: di qui il ricorso contro il silenzio della Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 117 del D.Lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo o “c.p.a”), in cui si deduce circa la violazione degli artt.2, 19 e 20 della Legge n.241/1990, dell’art.36-bis co.6 del DPR n.380/2001, degli artt.3 e 97 Cost., nonché dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa.

La sentenza

Dopo aver chiarito come sul piano sostanziale il giudizio sul “silenzio” si colleghi al dovere delle Amministrazioni pubbliche, preposte alla cura dell’interesse pubblico, di concludere il procedimento “mediante l’adozione di un provvedimento espresso”, con riguardo alla fattispecie in esame la quarta sezione del TAR Lombardia “ritiene di dover censurare l’inerzia serbata dal Comune intimato a seguito dell’istanza proposta dai ricorrenti per permesso di costruire in sanatoria a seguito del “Decreto Salva Casa”. Peraltro l’ultimo capoverso del comma 6 dell’art.36-bis del DPR n.380/2001 prevede l’esperimento dell’azione prevista dall’art.31 c.p.a. in caso di inerzia dell’Amministrazione, ragion per cui la mancanza di determinazioni istruttorie da parte del Comune in asserita assenza di qualsiasi vincolo astrattamente ostativo al perfezionarsi del titolo abilitativo risulta contrario al dovere delle Amministrazioni pubbliche di concludere il procedimento mediante l'adozione di un provvedimento espresso "nei casi in cui esso consegua obbligatoriamente ad una istanza ovvero debba essere iniziato d'ufficio", in corrispondenza ad una situazione soggettiva protetta e qualificata come tale dall'ordinamento”.

Il Collegio non ritiene che possa trovare applicazione la previsione dettata dall’ultimo periodo del comma 4 del citato art.2 - ai sensi del quale “nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione” – nella lettura che di essa è stata data dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3578/2022, secondo cui la norma, nei procedimenti in materia di cittadinanza ed immigrazione, “nel non subordinare la sua applicazione a condizioni procedurali espresse e specifiche, rivela una immediata e incondizionata portata applicativa, nel senso che non occorre l’emanazione di disposizioni regolamentari affinché si ritenga senz’altro applicabile il termine di 180 giorni per la durata del procedimento”.

Pertanto, conclude il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, “alla luce dei principi sopra richiamati, il comportamento serbato dall'Amministrazione risulta in contrasto con i principi di buon andamento, giustizia ed equità richiamati dalla giurisprudenza in materia, a maggior ragione dopo che l'art.2, comma 1, della Legge n.241/1990, nella versione a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge 6 novembre 2012 n. 190, sancisce l'obbligo della PA di provvedere - seppur con motivazione in "forma semplificata" con un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo - persino nei casi in cui l'istanza sia inaccoglibile per la "manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda", superando l'impostazione tradizionale che riteneva, per ragioni di economicità dell'azione amministrativa, che in tali ipotesi fosse del tutto inutile provvedere (Cons. Stato, III, n. 3827/2016). In tale nuova prospettiva si è ancor più rafforzata la convinzione che l'obbligo giuridico di provvedere è rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un'istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento, ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'amministrazione, cosicché non assume nemmeno più valenza giustificativa dell'inerzia serbata dalla PA il fatto che l'istanza non soddisfi i requisiti minimi di contenuto e di forma un tempo necessari per poterla ritenere ricevibile ed ammissibile e, pertanto, per far scattare l'obbligo di pronuncia nel merito da parte della PA”.

Quindi, secondo il TAR Milano si sono realizzati “i presupposti di legge di cui al combinato disposto degli articoli 31 e 117 del c.p.a., non avendo l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere autoritativo, ottemperato al proprio obbligo di provvedere sull’istanza del soggetto privato”.

Per effetto dell’accoglimento del ricorso, il Comune di Cassano Magnago dovrà provvedere sulla domanda di parte ricorrente adottando un provvedimento espresso, entro il termine massimo di 30 giorni decorrenti dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza, con l’avvertenza che in caso di persistente inerzia sarà nominato dal Tribunale un Commissario ad acta.

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