Con l'ordinanza n. 9168/2025, il TAR Lazio (Sezione Terza) ha sospeso il giudizio contro il DM 21 giugno 2024 – che disciplina l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili – e ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, co. 2, 5, 7 e 8, e 3, nonché dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024.
Ricordiamo che con la sentenza n. 9155/2025, la terza sezione del TAR Lazio ha annullato l’articolo 7, commi 2 e 3, del DM 21 giugno 2024 (decreto ministeriale Aree idonee), con obbligo, per il MASE, di rieditare i criteri per l'individuazione delle aree idonee e non all'installazione di impianti a fonti rinnovabili (LEGGI TUTTO).
Le aree non idonee non sono del tutto interdette all'installazione di impianti FER
Nell'ordinanza n. 9168/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha affermato che “Va radicalmente escluso che le “aree non idonee” possano essere considerate aree del tutto interdette alla installazione di impianti FER, poiché opinando diversamente potrebbe essere seriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi energetici strumentali al rispetto degli impegni assunti dall’Italia a livello sovranazionale – tenuto anche conto della particolare ampiezza dei margini di manovra consentiti alle Regioni dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 impugnato.
Viceversa, l’interpretazione dell’articolo 1, comma 2, lett. b), del d.m. del 21 giugno 2024, al quale il Collegio intende aderire – partendo dall’assunto che il carattere di non idoneità di un’area non precluda in radice la realizzazione di impianti FER – è atta a porre in rilievo come l’individuazione con legge regionale delle aree non idonee non esclude che le amministrazioni, nell’ambito degli specifici procedimenti amministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad apprezzare in concreto l’impatto dei progetti proposti sulle esigenze di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali, anche laddove l’area interessata rientri tra quelle classificate come non idonee”.
Cosa prevede la legge sarda
Tuttavia, nel caso di specie “la suesposta ricostruzione del concetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal decreto ministeriale, è palesemente smentita dal tenore dispositivo della legge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024”, ha osservato il TAR Lazio. La predetta legge prevede, infatti, che “È vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee così come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge. Non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione. I provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia” (art. 1, co. 5). Inoltre, “Qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee, di cui all'allegato F, sia nelle aree definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il criterio di non idoneità. Nei casi di cui al precedente periodo, limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di accumulo, qualora i relativi progetti di realizzazione prevedano l'installazione presso aree rientranti nelle zone urbanistiche omogenee D e G, di cui al decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica, 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei comuni della Sardegna), non si applicano le fasce di tutela di cui alle lettere s), x), w) e bb) dell'allegato A qualora l'area oggetto del rispettivo intervento sia infrastrutturata e urbanizzata in misura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente ai casi di cui al precedente periodo, qualora l'area non sia infrastrutturata e urbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce di tutela di cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per cento. Qualora un progetto di impianto FER, ivi inclusi gli accumuli ad essi connessi, sia finalizzato all'autoconsumo o al servizio di una comunità energetica e ricade in una delle condizioni di cui ai precedenti periodi, prevale il criterio di idoneità” (art. 1, co. 7). L'art. 3 della suddetta legge sarda dispone che “Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole, i comuni hanno facoltà di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea ai sensi della presente legge. L'istanza è finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione. Qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un'area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale 5 dicembre 1995, n. 35 (Alienazione dei beni patrimoniali)”.
Dubbi di compatibilità con i canoni costituzionali
Dalle richiamate previsioni si desume, pertanto, che le aree non idonee costituiscono vere e proprie aree vietate alla realizzazione degli impianti FER. Oltre che dal chiaro tenore letterale dell’art. 1, co. 5, ciò si desume anche dalla previsione, all’art. 3, di una speciale procedura da attivarsi su chiesta dei comuni per la realizzazione di interventi in aree non idonee, peraltro particolarmente rigoroso nella misura in cui richiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti i soggetti interessati.
La disciplina non soltanto non prevede una clausola di salvaguardia per le iniziative in corso, ma addirittura sancisce l’inefficacia dei provvedimenti autorizzatori e dei titoli abilitativi già emanati in caso di impianti ricadenti in aree non idonee in base alla legge. D’altra parte, ciò costituisce l’ovvio risvolto di quanto previsto dall’art. 1, co. 2, laddove si stabilisce che “La presente legge di governo del territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico, si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi”, onde è chiaro che l’unico limite all’operatività delle nuove previsioni è l’intervenuta modifica irreversibile dello stato dei luoghi, come anche chiarito dal successivo co. 5.
La legge della Regione Sardegna prevede, altresì, un principio di assoluta prevalenza del criterio della non idoneità su quello dell’idoneità in caso di progetti in zone promiscue, salve le limitate deroghe previste dall’art. 1, co. 7.
Secondo la terza sezione del TAR Lazio, la suindicata disciplina “solleva consistenti dubbi di compatibilità con i canoni costituzionali, con particolare riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41, 97, 117 Cost., nonché all’art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948”.
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