Costituisce nuova opera e non ristrutturazione la ricostruzione su ruderi o su di un edificio già da tempo demolito (anche in parte) o diruto.
Lo ha ribadito la Sezione Settima del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5276/2025 pubblicata il 17 giugno.
La finalità conservativa delle ristrutturazioni
Al concetto di ristrutturazione è sottesa la finalità 'conservativa' che postula “la possibilità di individuazione del manufatto preesistente come identità strutturale, già presente nella realtà materiale quale specifica entità urbanistico-edilizia esistente nella attualità. Deve, cioè, trattarsi di un manufatto che, a prescindere dalla circostanza che sia abitato o abitabile, possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale, in relazione anche alla sua destinazione”, osserva Palazzo Spada.
Pertanto, “costituisce vera e propria costruzione ex novo, e non già ristrutturazione, la ricostruzione di un intero fabbricato, diruto da lungo tempo e del quale residuavano solo piccole frazioni dei muri, di per sé inidonee a definire l'esatta volumetria della preesistenza, in quanto l'effetto ricostruttivo così perseguito mira non a conservare o, se del caso, a consolidare un edificio comunque definito nelle sue dimensioni, né alla sua demolizione e fedele ricostruzione, bensì a realizzarne uno del tutto nuovo e diverso”.
In buona sostanza, “il concetto di ristrutturazione postula che sia possibile individuare, in maniera pressoché certa, l'esatta cubatura e sagoma d'ingombro del fabbricato su cui intervenire; solo se è chiara la base di partenza è possibile discutere l'entità e la qualità delle modifiche apportabili”, aggiunge il Consiglio di Stato.
Nel caso esaminato dalla Settima Sezione del Consiglio di Stato, i ruderi esistenti “sono privi degli elementi strutturali tali da caratterizzarne la consistenza e tipologia quale edificio e non mero rudere. Le modifiche apportate, pertanto, travalicano i limiti definitori della ristrutturazione edilizia”.