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Correttivo Codice Contratti: la posizione dell'ANCE

Secondo l'Associazione dei costruttori edili, lo schema di decreto contiene importanti innovazioni positive, ma anche punti critici per esempio in tema di revisione prezzi, contrattazione collettiva, partenariato pubblico-privato

giovedì 28 novembre 2024 - Redazione Build News

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L’ANCE è stata ascoltata il 26 novembre alla Camera e il 27 novembre al Senato sullo Schema di Dlgs recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Atto n. 226). Di seguito la sintesi della posizione associativa.

I punti condivisi

Lo schema di decreto, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 21 ottobre, contiene importanti innovazioni positive, che vanno nel senso auspicato da ANCE. Come, ad esempio, l’introduzione di una più compiuta disciplina delle varianti in corso d’opera, che contempla espressamente quelle per rinvenimenti imprevisti nonché per sorpresa geologica, idrica (et similia); così come positivo è il chiarimento in merito alle modalità di erogazione dell’anticipazione del prezzo nei contratti pluriennali di lavori, limitando la suddivisione per singolo anno contabile ai soli appalti di forniture e servizi (pluriennali). Condivisibile è altresì la spinta verso un maggiore allineamento ai settori ordinari della disciplina di quelli speciali dal momento che, come evidenziato più volte dall’ANCE, oggi rappresentano una componente sempre più rilevante della domanda pubblica.

Le perplessità sulla revisione prezzi

Ci sono, però, alcune modifiche in tema di revisione prezzi che “rischiano di sterilizzare, di fatto, l’efficacia” dell’istituto. Come ad esempio, nel capitolo della revisione dei prezzi, la norma che regola la misura dell’importo revisionale, “pari all’80% del – solo – valore eccedente la variazione del 5%. Ciò rischia di rendere del tutto irrisori gli importi da corrispondere, in aumento e in diminuzione, nei confronti di entrambe le parti. Altra criticità riguarda il momento di riferimento per il calcolo della stessa, individuato nel mese del provvedimento di aggiudicazione. Quest’ultimo, però, oltre a non essere un termine univoco, può essere adottato anche a notevole distanza rispetto al termine per la presentazione delle offerte – ad esempio, nel caso di impugnazione dell’aggiudicazione – e non si terrebbe così conto delle variazioni, in aumento o diminuzione, verificatesi medio tempore. Infine, suscita perplessità anche l’obbligo di prevedere la clausola revisionale in termini analoghi a quelli previsti per l’appaltatore dall’articolo 60 del Codice anche per il subappaltatore e/o subfornitore.

Per rendere efficace il meccanismo revisionale, occorrerebbe:

- fissare la liquidazione dell’importo revisionale nella misura dell’80 per cento dell’intera variazione, lasciando il valore del 5 per cento unicamente come soglia oltre la quale scatta il meccanismo revisionale; in alternativa, fissare le percentuali in 2 per cento dell’importo complessivo del contratto, come soglia oltre la quale scatta la revisione dei prezzi, e 90 per cento, come misura della variazione dei prezzi che viene riconosciuta;
- prevedere che il momento di riferimento per il calcolo della revisione sia individuato nel mese del termine finale di presentazione delle offerte;
- lasciare all’autonomia negoziale delle parti la modalità di revisione dei prezzi da applicare ai contratti di subappalto.

Il nodo della contrattazione collettiva

Secondo l’Ance, l’introduzione del principio delle analoghe tutele contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro che non sono stipulati dalle parti comparativamente più rappresentative costituisce “un vulnus per la tutela della regolarità e la sicurezza del lavoro. È, pertanto, necessario non solo condizionare detto principio all’emanazione dell’apposito decreto interministeriale, ma anche introdurre una più rigorosa individuazione dei parametri stessi. È imprescindibile, infatti, garantire le medesime tutele contenute nei contratti collettivi stipulati dalle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, comprese quelle che riconoscono un ruolo al sistema bilaterale nell’ambito della normativa antimafia, della legalità e della regolarità di impresa, della erogazione di prestazioni economiche, normative e di welfare per i lavoratori”.

Partenariato pubblico-privato

L’Ance accoglie con favore alcune delle novità introdotte sulla finanza di progetto, in particolare la semplificazione del progetto di fattibilità, che alleggerisce gli oneri iniziali e favorisce la presentazione di proposte. Positivo anche il rafforzamento dei requisiti del promotore, che garantisce maggiore affidabilità già nella fase preliminare. Tuttavia, esprime un giudizio negativo sull’introduzione della valutazione comparativa preliminare tra le proposte. Si tratta, infatti, di un appesantimento del procedimento di scelta del concessionario che non offre al promotore iniziale alcun incentivo alla presentazione spontanea della proposta, non essendo, peraltro, neanche previsto il ristoro delle spese sostenute per la predisposizione del progetto di fattibilità seppur in forma semplificata.

Gli altri punti critici

Nel corso dell’Audizione l’Ance ha mostrato perplessità sulla modifica che consente ai soli subappaltatori di utilizzare i CEL relativi alle prestazioni eseguite, consentendo agli appaltatori di utilizzare i lavori dati in subappalto, in sede di qualificazione, ai solo fini della dimostrazione della cifra d’affari complessiva. Modifica, infatti, non appare in linea con le prescrizioni UE sul subappalto, in quanto si traduce in un ostacolo indiretto alla possibilità di ricorrere a questo istituto.

Suscita poi grandi perplessità la modifica che interviene in tema di illecito professionale. Quest’ultima, infatti, amplia ulteriormente il novero delle condotte che le stazioni appaltanti, “gara per gara”, possono ritenere rilevanti ai fini dell’esclusione, estendendola ad un tipo di provvedimento ad alto tasso discrezionale – qual è quello di applicazione di penali – ma soprattutto di natura unilaterale, con l’effetto di rendere ancora più discrezionali e incerte le regole di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica. Occorrerebbe, pertanto, ricondurre la fattispecie escludente del grave illecito professionale entro confini più precisi, eliminando la rilevanza delle penali e, comunque, facendo valere, in generale, come mezzo di prova, un accertamento giudiziale di carattere, se non definitivo, almeno di primo grado, accompagnato da un obbligo di motivazione robusto e puntuale.

Altro tema è quello della mancata “attualizzazione” dell’incidenza percentuale delle spese generali rispetto all’incremento dei costi non produttivi e ai maggiori oneri posti a carico degli appaltatori, verificatisi negli ultimi 40 anni. Inoltre, resta il “vuoto normativo” consistente nella mancata riproposizione di un tetto massimo al punteggio economico (max 10 per cento), per gli affidamenti di lavori.

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