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Greenwashing, giro di vite sui claim ambientali

Con le nuove regole UE le aziende dovranno dimostrare la sostenibilità: dal 2026 stop alle dichiarazioni vaghe e non verificabili

mercoledì 17 dicembre 2025 - Redazione Build News

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Dichiararsi “green” non basta più. La comunicazione ambientale entra in una nuova fase, più rigorosa e controllata, spinta dal rafforzamento delle normative europee e nazionali contro il greenwashing. Affermazioni generiche, assolute o prive di basi verificabili stanno diventando sempre più rischiose per le imprese, esponendole a contestazioni e sanzioni. Il messaggio che arriva dal legislatore e dal mercato è chiaro: la sostenibilità va dimostrata, non solo raccontata.

Nuove regole e più controlli sulla comunicazione ambientale

Negli ultimi mesi l’Unione Europea ha rafforzato il quadro normativo a tutela dei consumatori, con l’obiettivo di contrastare le pratiche commerciali ingannevoli legate ai claim ambientali. Con l’adozione della Direttiva (UE) 2024/825 – Empowering Consumers for the Green Transition, gli Stati membri dovranno applicare i nuovi divieti a partire dal 27 settembre 2026.

La direttiva vieta esplicitamente l’uso di affermazioni ambientali vaghe o non dimostrabili. Termini come “eco”, “sostenibile”, “a basso impatto” o “amico dell’ambiente” non potranno più essere utilizzati senza un solido supporto tecnico e verificabile. Pur non introducendo una certificazione obbligatoria unica, la norma rende di fatto più complesso e più rischioso comunicare la sostenibilità in assenza di evidenze concrete.

Le autorità competenti potranno intervenire contestando i messaggi ritenuti ingannevoli, imponendo sanzioni, la modifica delle comunicazioni o il ritiro di materiali pubblicitari. L’impatto riguarda l’intero ecosistema della comunicazione aziendale: siti web, packaging, schede prodotto, materiali marketing, comunicazione B2B, ma anche gare, rapporti di filiera e relazioni con clienti e istituti finanziari.

Dalla sostenibilità “raccontata” a quella dimostrata

Secondo Ollum, società di consulenza ambientale, questo scenario segna un cambio di paradigma. Se in passato la sostenibilità era spesso affidata a narrazioni e slogan, oggi diventa una questione di dati, misurazioni e verifiche. Un’evoluzione che non nasce solo dalla normativa, ma anche dalla crescente attenzione di consumatori, clienti industriali e investitori verso la credibilità delle informazioni ambientali.

Gli strumenti per rendere credibili i claim ambientali

Per rispondere alle nuove regole, le aziende devono dotarsi di strumenti in grado di fornire basi tecniche solide alle proprie dichiarazioni. Studi di Life Cycle Assessment (LCA) e Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) consentono di valutare e comunicare gli impatti ambientali lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti. La Carbon Footprint, soprattutto se verificata, permette invece di rendere trasparenti e confrontabili le emissioni associate a prodotti e organizzazioni.

Assumono un ruolo sempre più centrale anche le certificazioni di prodotto riconosciute a livello pubblico, come l’Ecolabel UE o il Made Green in Italy, che offrono criteri chiari, verificati e comparabili. Allo stesso tempo, la rendicontazione di sostenibilità, se strutturata secondo standard riconosciuti e accompagnata da forme di assurance indipendente, rafforza l’affidabilità delle informazioni comunicate.

Nel contesto B2B e di filiera, infine, i rating ESG, come EcoVadis, rappresentano un ulteriore livello di valutazione sempre più richiesto da clienti, grandi gruppi industriali e operatori finanziari.

Il 2026 come nuovo standard di mercato

Se il 2025 ha segnato un punto di svolta, il 2026 sarà l’anno in cui queste regole inizieranno a produrre effetti concreti e diffusi sul mercato. Le imprese che avranno investito per tempo in misurazione, dati e verifiche saranno avvantaggiate; chi continuerà a comunicare la sostenibilità senza basi solide rischia invece di perdere credibilità e competitività.

“La direzione è chiara: la sostenibilità non può più essere solo dichiarata, ma deve essere dimostrata con dati solidi e verificabili”, spiega Davide Treghini, Co-Founder di Ollum. “Le aziende che lo capiscono oggi saranno quelle più preparate domani, non solo dal punto di vista normativo, ma anche rispetto alle aspettative del mercato.”

In vista del 2026, quindi, la sfida per le imprese non sarà più se comunicare la sostenibilità, ma come farlo in modo dimostrabile, verificabile e conforme alle nuove regole.

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