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Obbligo di incremento di energia rinnovabile termica: le osservazioni di Assistal sul decreto

Lo schema di decreto definisce le modalità con cui le società, che effettuano vendita di energia termica sotto forma di calore per il riscaldamento e il raffrescamento, a soggetti terzi per quantità superiori a 500 TEP annui, provvederanno ad inserire una quota di energia rinnovabile nell’energia venduta

martedì 6 febbraio 2024 - Redazione Build News

biometano

Nei giorni scorsi Assistal ha inviato, al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, le proprie osservazioni in merito alla consultazione sullo schema di decreto del MASE che definisce le modalità dell’obbligo di incremento di energia rinnovabile termica ai sensi dell’articolo 27, del decreto legislativo n.199.

In particolare, lo schema di decreto definisce le modalità con cui le società, che effettuano vendita di energia termica sotto forma di calore per il riscaldamento e il raffrescamento, a soggetti terzi per quantità superiori a 500 TEP annui, provvederanno ad inserire una quota di energia rinnovabile nell’energia venduta. Secondo lo scenario elaborato nel PNIEC 2023, l’obiettivo al 2030 è quello di una quota pari al 40,5% di fonti rinnovabili per il soddisfacimento dei consumi energetici nazionali. Tale obiettivo generale, prevede ulteriori target specifici in alcuni sottosettori dei consumi termici: nel settore del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, secondo la direttiva RED III, fissa la soglia del 48% relativa all’incremento della quota di rinnovabili.

Assistal evidenzia le criticità di livello contrattuale, autorizzativo, infrastrutturale e tecnologico

“Nelle nostre osservazioni presentate al Ministero” – ha dichiarato Roberto Rossi, Presidente Assistal – “abbiamo evidenziato delle criticità di livello contrattuale, autorizzativo, infrastrutturale e tecnologico.  In linea generale, dobbiamo innanzitutto tenere conto dei contratti già stipulati dalle nostre imprese, spesso a lungo termine, che non possono essere rinegoziati; inoltre, vi sono tipologie contrattuali, come nel caso dei contratti di Servizio Energia (EPC), per i quali non può trovare applicazione il meccanismo descritto dallo schema di decreto, in quanto hanno come oggetto, oltre alla cessione del calore, anche un insieme di prestazioni aggiuntive relative alla gestione e al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell’energia.”

Per quanto riguarda gli obiettivi prefissati da raggiungere nei prossimi anni” – ha proseguito Rossi – “emergono una serie di concrete limitazioni infrastrutturali e tecnologiche che mettono a rischio il raggiungimento degli stessi. Attualmente, l’energia termica è prodotta prevalentemente dall’utilizzo di gas che dovrà, secondo lo schema di decreto, essere sostituito con fonti energetiche rinnovabili. La sostituzione del vettore energetico non è qualcosa di immediato, in primis perché non abbiamo a disposizione infrastrutture nazionali che ci consentano di produrre calore con l’idrogeno, il biometano o le biomasse. Inoltre, la disponibilità di tali vettori energetici è minima rispetto ai nostri fabbisogni attuali, e aumentarne la quantità ci imporrebbe l’installazione di nuovi impianti che, nel caso del biometano, dovrebbe passare dalle attuali decine a qualche migliaio di impianti, peraltro da costruire in pochi anni. L’integrazione di queste modalità alternative di produzione di calore in strutture complesse e sistemi critici incontrerebbe anche concrete difficoltà nella pratica. Prendendo sempre in considerazione l’esempio del biometano, pensare di utilizzarlo in un ospedale in sostituzione al gas vorrebbe dire costruire un impianto nelle immediate vicinanze della struttura con tutte le implicazioni ambientali e autorizzative del caso, oppure realizzare un’infrastruttura tale da condurre l’energia dall’impianto all’ospedale, infrastrutture che attualmente non esistono. Analoga criticità si avrebbe con le biomasse da trasportare per alimentare gli impianti presenti all’interno di aree cittadine e metropolitane, soprattutto dove si trovano molti edifici della Pubblica Amministrazione.”

Necessarie strategie condivise tra Governo e imprese per raggiungere gli obiettivi

“Alla luce di tutte queste criticità” – ha concluso Rossi – “dobbiamo approcciare il processo di transizione energetica con una visione più ampia, prendendo in considerazione le numerose azioni necessarie che possano realmente garantire un utilizzo notevole di fonti energetiche rinnovabili. Tale utilizzo deve essere anche accompagnato da un piano di riqualificazione energetica degli edifici che consentirebbe una riduzione dei consumi e della richiesta di fonti di calore. Dinanzi a questo scenario, abbiamo bisogno di avviare un’azione sinergica tra Istituzioni e imprese che abbia come primo punto la realizzazione di infrastrutture adeguate su tutto il territorio nazionale, attraverso una più mirata destinazione dei fondi del PNRR. In quest’ottica, è necessario attivare rapidamente un Tavolo di confronto con il Ministero e lavorare insieme su strategie condivise che possano garantire un reale raggiungimento degli obiettivi previsti”.

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