Il progressivo superamento dei confini originariamente propri dell’istituto della ristrutturazione demoricostruttiva “ha portato all’eliminazione del requisito della ricostruzione con “identità” tra il fabbricato precedente e quello risultante all’esito dei lavori, rendendo così possibile ricondurre a tale categoria edilizia anche interventi comportanti una ricostruzione con modifica dei parametri costruttivi, con l’obiettivo di favorire il contenimento del consumo di nuovo suolo e l’utilizzazione di aree già urbanizzate.
La corretta interpretazione della norma, tuttavia, passa attraverso un’analisi che tenga conto non solo del dato strettamente semantico o letterale, ma anche dell’esigenza di mantenere un’oggettiva distinzione sul piano concettuale e regolatorio tra la ristrutturazione e la nuova costruzione, pure nel sistema risultante dalle recenti modifiche al testo unico dell’edilizia”.
Lo precisa il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) nella sentenza n. 1133/2025.
L’attuale versione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del TUE (D.P.R. n. 380/01) “sebbene animata dall’obiettivo di rendere più utilizzabile lo strumento della ristrutturazione demoricostruttiva anche nella prospettiva di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e evitare consumo di nuovo suolo, non può legittimare un concetto di ristrutturazione completamente sganciato dalla conservazione della precedente identità dell’edificio oggetto di trasformazione, né un’interpretazione che avvalori l’idea per cui l’edificio preesistente rappresenterebbe soltanto “l’occasione” per un intervento che, di fatto, si risolve nella creazione di un novum sul piano edilizio, non riconducibile sotto alcun profilo alla costruzione esistente se non sul piano meramente nominalistico”, osserva il Tar Lombardia.
Il criterio della continuità costruttiva
“Com’è stato giustamente sottolineato dalla più recente giurisprudenza, il criterio della “continuità” costruttiva e la riconducibilità all’organismo preesistente – che si sostituisce a quello, più restrittivo, dell’identità dei fabbricanti ante e post intervento – assume ancora maggior pregio interpretativo a seguito dell'ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione, “in quanto proprio perché non vi è più il limite della “fedele ricostruzione” si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, in particolare per i volumi, per cui la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi” (cfr. Cons. di Stato, Sez. VII, 23.12.2024, n. 10307).
Pertanto, anche alla luce delle evoluzioni normative tratteggiate, secondo il Tar Lombardia deve ritenersi ancora valida la posizione espressa più volte dalla giurisprudenza secondo cui “per qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all'organismo preesistente”.
Il caso di specie
Nel caso di specie, “non sussiste tuttavia alcuna continuità tra il precedente edificio oggetto di demolizione e i due nuovi fabbricati in progetto, che sono sensibilmente diversi sotto ogni profilo – cioè quanto a numero di corpi di fabbrica, volume, sagoma, superficie e diversa area di sedime occupata, caratteristiche planovolumetriche e tipologiche – così da escludere che gli immobili in progetto, quali dovrebbero risultare all’esito dei lavori, siano in qualche misura riconducibili all’edificio precedente. Tale opera di radicale trasformazione del territorio, pertanto, rappresenta un nuovum oggettivo e si colloca nella categoria della nuova costruzione”.