Per i grattacieli non è necessaria la pianificazione attuativa, ma sono sufficienti i permessi ordinari? Sulla questione – oggi al centro del dibattito a seguito delle recenti inchieste della magistratura sui grattacieli a Milano – si è pronunciato il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) con la sentenza n. 2747/2025.
Nella predetta sentenza il TAR Milano ricorda che il consolidato indirizzo giurisprudenziale “ha più volte affermato che l’esigenza della pianificazione attuativa, quale presupposto per il rilascio del Permesso di costruire relativo a fabbricati, si rende necessaria quando si tratta di asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata, o per raccordarne l’edificazione al tessuto insediativo esistente, valutando la realizzazione o potenziamento di opere, urbanizzazioni e servizi necessari collettivi”.
In una zona completamente urbanizzata non servono piani attuativi
Il consolidato indirizzo giurisprudenziale esclude la necessità della pianificazione attuativa “in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo”, evidenzia la seconda sezione del TAR Lombardia.
Il caso concreto
Nel caso concreto esaminato nella sentenza, l’edifico in progetto prevede la realizzazione di cinque trilocali, dal primo piano al quinto piano, e un’ulteriore unità immobiliare posta su tre piani, dal sesto piano all’ottavo piano. L’area di via Razza a Milano, di limitate dimensioni, risulta collocata fra via Vittor Pisani, piazza della Repubblica e la Stazione Centrale. Dagli atti di causa risulta incontestato che l’area dell’intervento si colloca in una zona interamente compromessa sotto il profilo urbanistico, integralmente interessata da costruzioni e dotata di tutte le opere di urbanizzazione.
“Al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione. Il sindacato giurisdizionale sotto tale profilo risulta relegato al riscontro della palese illogicità ed irragionevolezza delle determinazioni assunte o al rilievo di errori di fatto idonei ad inficiare le determinazioni assunte”, osserva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, che aggiunge: “A parte il manifesto scarso peso insediativo dell’intervento in un tale tipo di zona, dall’esame documentale e dal contraddittorio processuale non si rinvengono elementi concreti tali da scalfire, sul piano della logicità e ragionevolezza, la scelta del Comune di consentire, nella fattispecie de qua, l’intervento con P.d.C. senza la predisposizione di una pianificazione attuativa: non risulta dagli atti di causa una compromissione dei valori urbanistici o la necessità di correggere un disordine edificativo in atto ovvero la necessità di rivedere la situazione dei servizi a standard”.
Pertanto, il Collegio ritiene legittima la scelta del Comune di Milano di assentire l’intervento in esame mediante titolo edilizio diretto, nonostante il superamento dei 25 mt di altezza del fabbricato.