“L’identificabilità ex ante dell’intervento da realizzare, nelle sue caratteristiche concrete, costituisce condizione per il controllo della conformità dell’opera al progetto, ragion per cui, alla stregua di un criterio teleologico e sistematico, il decorso del termine per il silenzio assenso è impedito dall’assenza delle informazioni che il privato deve fornire, dovendo l’amministrazione procedere alle verifiche, per l’appunto, consentite dal tenore degli allegati alla SCIA e alle eventuali integrazioni documentali”.
Lo ha precisato la seconda sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3925/2025 (in allegato) pubblicata l'8 maggio, avente ad oggetto un ricorso al TAR per l’Emilia Romagna, con il quale la proprietaria di un’unità immobiliare posta ai piani terzo e quarto di un condomino sito nel Comune di Parma, impugnava il provvedimento, comunicatole il 12 agosto 2020, con cui il Comune le aveva vietato la prosecuzione dell’attività di costruzione di un ascensore privato a uso esclusivo all’interno della corte condominiale, oggetto di segnalazione certificata di inizio attività del 10 luglio 2020.
Il Comune ha rilevato l’assenza dei requisiti
Con il provvedimento impugnato in primo grado, il Comune ha rilevato l’assenza dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla strumentazione urbanistica perché potesse procedersi, mediante la SCIA, alla realizzazione dell’ascensore all’esterno dell’edificio condominiale in cui è situata l’unità immobiliare dell’appellante e ha disposto, di conseguenza, il divieto di proseguire i lavori. La motivazione del provvedimento è articolata in nove punti, che, in estrema sintesi, riguardano: 1) la vetustà dell’assenso ai lavori da parte dell’assemblea condominiale; 2) l’assenza di certificato medico attestante la condizione di disabilità e di dichiarazione sostitutiva di notorietà in merito alla ubicazione dell’abitazione e alle difficoltà di accesso; 3) l’assenza degli elaborati tecnici di progetto che, ai sensi del DM LLPP 14 giugno 1989 n. 239, chiaramente evidenzino le soluzioni progettuali e gli accorgimenti tecnici adottati per il superamento delle barriere architettoniche; 4) l’assenza della dimostrazione della congruenza del progetto con le specificazioni con contenuto prescrittivo a cui rinvia l’art. 7 dello stesso DM; 5) il contrasto tra la dichiarazione, nella relazione tecnica asseverata, che l’immobile non è sottoposto a tutele e quanto risulta, viceversa, previsto nella tavola 23 III D del regolamento urbanistico edilizio ai sensi degli artt. 2.2.3 e 6.6.3 delle NTA dello stesso regolamento; 6) l’assenza del parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, obbligatorio per quanto sopra; 7) la necessità di depositare, per acquisire detto parere, un rendering da diverse angolazioni, dettagliato e a colori, nello stato di fatto e di progetto (il provvedimento ne fa esplicita richiesta di deposito); 8) l’impossibilità, in assenza del parere suddetto, quale atto presupposto alla presentazione o comunque all’efficacia della SCIA, di dare immediatamente corso ai lavori come dichiarato; 9) l’inosservanza delle disposizioni regionali che fissano i requisiti minimi degli elaborati grafici ai fini dell’asseverazione analitica da parte del progettista abilitato (il provvedimento reca, al riguardo, una richiesta di deposito integrativo suddivisa in quattro punti).
Consiglio di Stato: preclusa la formazione del silenzio assenso
Secondo il Consiglio di Stato, la segnalazione certificata d’inizio attività presentata dall’appellante “non è idonea a fondare alcuna situazione abilitante alla realizzazione del contestato intervento, in quanto le tavole di progetto, per incontestato rilievo degli uffici comunali, non consentono l’esatta identificazione dell’opera nelle sue caratteristiche concrete e, quindi, neppure il controllo successivo di conformità della stessa a quanto segnalato con la SCIA. Ciò preclude la formazione del silenzio assenso e giustifica il divieto di prosecuzione delle attività alla luce delle assorbenti ragioni esposte nel punto 9 del provvedimento impugnato”.
“Ne consegue, una volta escluso che il silenzio assenso potesse essersi formato, che il divieto di prosecuzione dell’attività non era tardivo e poteva essere legittimamente adottato sulla base della rilevata assenza dei requisiti richiesti dalla disciplina regionale in materia di elaborati progettuali in edilizia, che costituisce motivo ostativo autonomo e di per sé sufficiente a reggere il provvedimento impugnato”, ha concluso Palazzo Spada che ha respinto l'appello.