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Correttivo al Codice Appalti: novità nel settore della tutela del patrimonio archeologico

Le modifiche al Codice dei contratti entrate in vigore il 31 dicembre 2024 hanno ricadute dirette sulla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico (VPIA) e sui lavori di scavo archeologico, ivi comprese le indagini archeologiche subacquee. La circolare della Direzione Generale ABAP

giovedì 13 marzo 2025 - Alessandro Giraudi

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Dal 31 dicembre 2024 sono entrate in vigore le integrazioni e i correttivi al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023) disposti con il decreto legislativo n. 209/2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31/12/2024 (Suppl. ordinario n. 45).

“Per quanto attiene specificatamente ai profili di tutela del patrimonio archeologico, suddette modificazioni hanno ricadute dirette sulla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico (VPIA) e sui lavori di scavo archeologico – ivi comprese le indagini archeologiche subacquee”, evidenzia la DG ABAP (Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio) del Ministero della Cultura nella circolare n. 10/2025, che fornisce gli aggiornamenti normativi e procedurali sulla suddetta materia.

Verifica preventiva dell’interesse archeologico

L’art. 79 del D.Lgs. 209/2024 ha apportato diverse modifiche all’All. I.8 al D.Lgs. 36/2023 (“Verifica preventiva dell'interesse archeologico”), sulle quali la DG ABAP ha realizzato anche una tavola sinottica di confronto.

La prima modifica “è di ordine terminologico, in quanto la nuova formulazione dell’art. 1, c. 1, prevede che la procedura si articoli in due differenti fasi. La “prima fase” è costituita dalla raccolta ed elaborazione degli esiti delle indagini geologiche e archeologiche di cui all’art. 1, c. 2, e corrisponde, quindi, alla cosiddetta “fase prodromica”, secondo la terminologia fin qui usata nelle Linee guida approvate con D.P.C.M. 14/02/2022, nonché nelle precedenti Circolari in materia di questa Direzione generale. La “seconda fase” consiste, invece, nel compimento delle indagini archeologiche preventive di cui all’art. 1, c. 7, e nella conseguente redazione dei documenti integrativi del PFTE.

Con tutta evidenza, lo svolgimento della “seconda fase” è «eventuale», come esplicitato dai commi 7-8: essa è esercitata, infatti, unicamente in caso di esito positivo della verifica di assoggettabilità alla procedura di VPIA, condotta ai sensi dei commi 4-6 sulla base della documentazione prodotta nella “prima fase”. In tal caso, le indagini prescritte devono essere progettate in dettaglio, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 16 dell’All. II.18 (anch’esso oggetto di modifica).

Il termine perentorio per la conclusione dell’eventuale “seconda fase” della procedura è ora fissato in «novanta giorni dall’avvio delle indagini», anziché dalla richiesta di attivazione della VPIA, come era invece previsto nella previgente formulazione. Resta invece immutato l’obbligo di concludere interamente la “seconda fase” – e quindi realizzare le indagini archeologiche preventive prescritte e progettate e predisporre la conseguente “relazione archeologica definitiva” – prima dell’affidamento dei lavori ovvero prima della data prevista per l’avvio degli stessi, secondo quanto disposto dal comma 10”.

Modifiche all’art. 41 del D.Lgs. 36/2023

L’art. 14 e l’art. 72, c. 2, del D.Lgs. 209/2024 hanno apportato modifiche all’art. 41 del D.Lgs. 36/2023 (“Livelli e contenuti della progettazione”), ivi compreso il comma 4, il quale, a seguito di dette modifiche, recita come segue: Ai fini dell'applicazione dell'articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e ai sensi della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, firmata a La Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata ai sensi della legge 29 aprile 2015, n. 57, per i contratti pubblici di lavori la verifica preventiva dell'interesse archeologico, si svolge con le modalità procedurali di cui all'allegato I.8. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico per le opere di loro competenza sulla base di quanto disposto dal predetto allegato.

Risulta, quindi, ulteriormente specificato l’ambito di applicazione della VPIA, circoscritto ai “contratti pubblici di lavori”. Al riguardo, si evidenzia che, ai sensi degli art. 1-2 dell’All. I.1 al D.Lgs. 36/2023, si definiscono “contratti pubblici” i contratti, anche diversi da appalti e concessioni, conclusi da una stazione appaltante (qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del Codice dei contratti pubblici) o da un ente concedente (qualsiasi amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, ovvero altro soggetto pubblico o privato, che affida contratti di concessione di lavori o di servizi e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del Codice dei contratti pubblici).

Modifiche al comma 4 dell’art. 2 dell’All. I.7 al D.Lgs. 36/2023

L’art. 78 del D.Lgs. 209/2024 ha apportato modifiche al comma 4 dell’art. 2 dell’All. I.7 al D.Lgs. 36/2023 (“Contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo”), il quale, a seguito di dette modifiche, per quanto qui di interesse, recita come segue: Il DOCFAP, in relazione alla specifica tipologia e alla dimensione dell’intervento da realizzare si compone di una relazione tecnico-illustrativa, così articolata:
[…]
b) inquadramento territoriale dell’area d’intervento: corografia, stralcio dello strumento urbanistico comunale, verifica della compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici, con la carta del potenziale archeologico e la carta del rischio archeologico, ove esistenti, e con i vincoli di settore, ove pertinenti;
[…]
Ne consegue che la “carta del potenziale archeologico” e la “carta del rischio archeologico” non sono componenti obbligatorie del documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP), ma costituiscono un’articolazione della relativa relazione tecnico-illustrativa unicamente «ove esistenti». Esse, infatti, sono il risultato della raccolta ed elaborazione degli esiti delle indagini geologiche e archeologiche della “prima fase” della procedura di VPIA, a sua volta correlata non tanto al DOCFAP, quanto al progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE).

La VPIA è correlata al livello di progettazione del PFTE

Lo stesso art. 78 del D.Lgs. 209/2024 ha apportato ulteriori modifiche al medesimo All. I.7 al D.Lgs. 36/2023, ivi comprese quelle:
- al comma 4 dell’art. 6 (“Progetto di fattibilità tecnico-economica”), il quale, a seguito di dette modifiche, per quanto qui di interesse, recita: La preventiva diagnostica del terreno, unita alla ricognizione e alla compiuta interpretazione del territorio, consente di pervenire alla determinazione
[…]
d) della eventuale interferenza con il patrimonio culturale e archeologico tramite la procedura di verifica preventiva di cui all'Allegato I.8;
[…]
- al comma 7 del medesimo art. 6, il quale, a seguito di dette modifiche, per quanto qui di interesse, recita: Il PFTE, in relazione alle dimensioni, alla tipologia e alla categoria dell’intervento è, in linea generale, fatta salva diversa disposizione motivata dal RUP in sede di DIP, composto dai seguenti elaborati:
[…]
c) relazione di verifica preventiva dell’interesse archeologico (articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ed eventuali indagini dirette sul terreno, anche digitalmente supportate tramite la procedura di cui all'Allegato I.8
[…]
- al comma 1 dell’articolo 9 (“Relazione di verifica preventiva dell’interesse archeologico”), il quale, a seguito di dette modifiche, recita: La relazione illustra le attività svolte ai sensi dell'articolo 1, comma 2, dell'allegato I.8 al codice svolte ai fini della verifica di assoggettabilità alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico di cui all'articolo 41, comma 4, del codice, e delle linee guida approvate in materia con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Tutte queste modifiche confermano che la VPIA è correlata al livello di progettazione del PFTE, come più volte già evidenziato dalla DG ABAP con le recenti Circolari in materia e sopra ribadito.

Allo stesso tempo, la nuova formulazione dell’art. 9, c. 1, dell’All. I.7 al D.Lgs. 36/2023 chiarisce che la “relazione di verifica preventiva dell’interesse archeologico” – componente obbligatoria del PFTE, «fatta salva diversa disposizione motivata dal RUP in sede di DIP» e fatte salve le ipotesi di esclusione degli interventi dalla procedura di VPIA – raccoglie e illustra gli esiti della “prima fase” VPIA ed è quindi necessaria alle valutazioni di attivazione della “seconda fase”, da esprimere e acquisire nell’ambito della conferenza di servizi di cui all’art. 38 del medesimo D.Lgs. 36/2023.

Essa non va, quindi, confusa con la “relazione archeologica definitiva” di cui all’art. 1, c. 8, dell’All. I.8, la quale raccoglie e illustra, invece, gli esiti della “seconda fase” della VPIA, di norma eseguita successivamente alla predetta conferenza di servizi.

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