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Nuclear Energy Innovation Outlook, l’opzione nucleare nel percorso di decarbonizzazione è a medio-lungo termine

Il percorso del ritorno al nucleare secondo il gruppo di ricerca Energy&Strategy della POLIMI School of Management del Politecnico di Milano resta sfidante: sarà fondamentale intervenire rapidamente su normativa, governance, autorizzazioni e sviluppo della supply chain per non perdere la finestra industriale che le tecnologie abilitanti potrebbero aprire nei prossimi anni

lunedì 1 dicembre 2025 - Franco Metta

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Lo scorso 27 settembre, il Viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava, ha incontrato a New York il Direttore dell'Agenzia internazionale dell'energia, Fatih Birol. a margine del Dialogo di alto livello sulla transizione energetica, promosso nell’ambito dell’80a Assemblea Generale ONU.

In quella occasione l’attenzione era sul sostegno internazionale ai principi della neutralità tecnologica, ovvero che nucleare, biocarburanti, cattura e rimozione CO2 devono essere opzioni nel percorso di decarbonizzazione. Principi di cui il governo, quanto meno in linea teorica, si fa promotore sin dal giorno del suo insediamento, dal discorso della Presidente del Consiglio in cui ottenne la fiducia, nell’ottobre del 2022.

Quel discorso fece di fatto riemergere il dibattito sul nucleare quale possibile leva per favorire decarbonizzazione, sicurezza negli approvvigionamenti e competitività industriale. A distanza di oltre tre anni l’Italia sta ancora vivendo un momento decisivo per la sua strategia energetica. E questo non solo perché gli elevati costi dell’energia zavorrano l’economia del Paese e ne frenano la crescita rispetto ad altre economie sviluppate.

Nuclear Energy Innovation Outlook 2025

In questi giorni è stato presentato, insieme alle aziende partner della ricerca, il primo Nuclear Energy Innovation Outlook 2025 sviluppato dal gruppo di ricerca Energy&Strategy della POLIMI School of Management del Politecnico di Milano sulla base degli scenari PNIEC e Terna-Snam.

L’esito principale della ricerca è che l’energia nucleare, in caso di nuovi impianti, solo nel 2050 occuperebbe un ruolo significativo nella politica energetica del Paese.

Il possibile apporto dell’energia nucleare, sostengono i ricercatori, va visto in un orizzonte di medio-lungo periodo, dato che nel migliore dei casi il primo impianto potrà essere in funzione non prima del 2035. La prospettiva a cui guardare rimane il 2050: per allora, la produzione elettrica italiana sarà raddoppiata, arrivando a circa 600 TWh, mentre il contributo delle fonti fossili si sarà ridotto significativamente, accompagnato da una larghissima presenza di produzione elettrica da fonti rinnovabili.

Il report analizza poi il panorama nazionale e internazionale, evidenziando il potenziale contributo delle nuove tecnologie e le condizioni necessarie per un loro concreto sviluppo.

Possibile contributo del nucleare al mix energetico

“È in questo contesto che maturano le valutazioni sul possibile inserimento di una quota di generazione nucleare nel mix italiano - spiega Vittorio Chiesa, responsabile dello studio e direttore di Energy&Strategy -. Secondo gli scenari PNIEC, infatti, l’obiettivo sarebbe quello di arrivare nel 2050 a 8 GW di capacità nucleare installata, per una produzione di 64 TWh, ma solo dal 2040 il contributo del nucleare inizierebbe ad avere qualche rilevanza nel mix energetico nazionale, con una produzione stimata di 13 TWh che sostituirebbe una limitata quota di fabbisogni oggi coperta da import e fonti fossili. Nel 2050 invece il nucleare potrebbe sia coprire una piccola parte di produzione oggi appannaggio delle FER, sia sostituire per la loro quota il termoelettrico e l’import, sostanzialmente azzerandoli”.

“Naturalmente questo non vale solo per l’Italia - conclude Chiesa -: nel mondo, al 2050, la previsione di nuova capacità installata per il nucleare oscilla tra +74%, negli scenari conservativi, fino a +157%. Oggi sono oltre 400 le centrali nucleari attive, cui se ne aggiungono più di 50 in costruzione, tipicamente reattori tradizionali, con un ruolo particolarmente rilevante della Cina. Crediamo dunque che una quota di nucleare potrebbe contribuire fattivamente alla decarbonizzazione del nostro Paese al 2050. Il percorso resta però sfidante: sarà fondamentale intervenire rapidamente su normativa, governance, autorizzazioni e sviluppo della supply chain per non perdere la finestra industriale che le tecnologie abilitanti potrebbero aprire nei prossimi anni”.

Tecnologie innovative nel nuovo panorama nucleare

Il rapporto dedica un approfondimento specifico agli Small Modular Reactors (SMR) e agli Advanced Modular Reactors (AMR), tecnologie oggi considerate centrali nei programmi energetici di sviluppo del nucleare sia in Europa che negli Stati Uniti e in Asia. Gli SMR, nuovi reattori in fase di sviluppo caratterizzati da taglie ridotte (fino a 400 MW), maggiore flessibilità operativa e tempi di costruzione stimati più brevi, rappresentano una possibile soluzione per integrare capacità programmabile e a basse emissioni in sistemi energetici dominati da rinnovabili non programmabili.

Filiera industriale già attiva

Sebbene l’Italia non disponga attualmente di centrali nucleari, il rapporto mette in luce come il nostro Paese sia già ampiamente presente nella filiera europea del nucleare, con un ruolo significativo nell’ambito della componentistica avanzata, dell’ingegneria e dei servizi specialistici. Secondo le analisi condotte nell’ambito della SMR pre-Partnership europea, il 24% del campione di fornitori è in Italia, davanti a Francia (21%) e Finlandia (20%). Quanto alle catene di fornitura delle componenti di un reattore le aziende italiane si collocano soprattutto nei settori della supply chain (84%), dedicati a componentistica non nucleare, fornitura di componenti elettriche, acciaio, fornitura di servizi di consulenza o montaggio, più altre attività come quelle dedicate al decommissioning, ovvero la fase di dismissione e smantellamento completo di un impianto industriale.

Criticità aperte e priorità da affrontare

Nel report si approfondiscono anche il quadro regolatorio e le prospettive degli operatori. Il Ddl inviato alle Camere, con l’intento di accelerare un nuovo quadro normativo, racchiude interventi che spaziano dalla creazione di un’autorità indipendente alla revisione normativa, dalla definizione dei siti alla gestione dei rifiuti radioattivi, fino al supporto alla ricerca e allo sviluppo industriale.

L’analisi evidenzia le principali criticità che gli operatori ritengono urgente affrontare per rendere realistico un programma nucleare nazionale, soprattutto in vista degli obiettivi del PNIEC 2024 (400 MW al 2035, fino a 8 GW al 2050). Innanzitutto, il quadro normativo italiano va allineato a quello dei Paesi europei con capacità nucleare operativa, anche perché i nuovi reattori necessitano di un framework legislativo dedicato; la lunghezza degli iter autorizzativi, al momento superiori ai 12 mesi anche per impianti FER, deve tendere ai benchmark internazionali e vanno identificati siti idonei dove costruire gli impianti.

Di conseguenza, gli operatori si aspettano: la definizione di un nuovo quadro legislativo chiaro, stabile e coerente con gli standard internazionali; l’introduzione di procedure autorizzative semplificate, armonizzate con le best practice europee; il rafforzamento della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile come luogo di coordinamento tecnico-scientifico; chiare garanzie finanziarie e strumenti di supporto agli investimenti, in linea con i modelli adottati nei Paesi leader; il coinvolgimento strutturato della filiera industriale italiana nei programmi dimostrativi europei (SMR/AMR); iniziative di comunicazione e trasparenza pubblica per aumentare l’accettabilità sociale.

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