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Case Green, la strada verso la piena efficienza energetica è tutta in salita

Riuscirà l’Unione europea a centrare l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 anche per quanto riguarda gli edifici? L’Italia temporeggia, più propensa a incentivare interventi di ristrutturazione facoltativi, meno invece per quelli obbligatori. Così è facile immaginare che potrebbe esserci un allungamento dei tempi previsti dalla roadmap della direttiva

mercoledì 29 ottobre 2025 - Franco Metta

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Con la Direttiva Case Green (EPBD IV) cioè la Direttiva UE 2024/1275 sulla prestazione energetica degli edifici, entrata in vigore il 28 maggio 2024, l’Unione europea chiede sostanzialmente agli Stati membri di ristrutturare e rendere più efficiente da un punto di vista energetico il proprio patrimonio immobiliare (sia quello esistente sia quello di nuova costruzione, con alcune eccezioni come per esempio gli edifici storici) affinché gradualmente vi sia un minore consumo di energia prodotta da fonti fossili e di conseguenza contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento per contrastare il cambiamento climatico globale.

Da dove ha origine la Direttiva “Case green”

La Direttiva Case Green si poggia su una lunga serie di passaggi e accordi precedenti a cui l’Ue ha aderito: innanzitutto, per le ragioni spiegate poc’anzi, l’accordo sul clima di Parigi, adottato nel dicembre 2015 nell’ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) in cui le parti hanno convenuto di mantenere l’aumento medio della temperatura globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi atti a limitarlo a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Successivamente sul Green Deal europeo, la strategia che la Commissione ha presentato il 14 ottobre 2020 come «Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita». Una strategia che secondo le intenzioni Ue contribuirà anche a realizzare l’iniziativa del nuovo Bauhaus europeo, presentata il 15 settembre 2021: ovvero la missione europea sulle città intelligenti e a impatto climatico zero volta a favorire una società più inclusiva che promuova il benessere di tutti in linea con il Bauhaus storico, che ha contribuito all’inclusione sociale e al benessere dei cittadini e, in particolare, delle comunità di lavoratori.

Successivamente il Regolamento UE 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio inscrive nel diritto dell’Unione l’obiettivo della neutralità climatica in tutti i settori dell’economia da conseguirsi al più tardi entro il 2050 e stabilisce l’impegno vincolante dell’Unione per una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.

E gli edifici, si legge sempre nella direttiva UE 2024/1275, sono responsabili del 40 % del consumo finale di energia nell’Unione e del 36 % delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia, mentre il 75 % degli edifici dell’Unione è tuttora inefficiente sul piano energetico. Ovviamente i dati si riferiscono allo scorso anno quando è entrata in vigore la direttiva.

Risulta fondamentale a questo punto che ogni Stato membro recepisca la direttiva Case Green nella legislazione nazionale entro il 29 maggio 2026. Prima di questa scadenza ogni stato, entro la fine dell’anno in corso, dovrà presentare alla Commissione Ue il proprio piano nazionale di ristrutturazione. La Commissione avrà poi sei mesi per esaminarlo e fornire raccomandazioni specifiche per paese. Sulla base di queste raccomandazioni, i Governi decideranno se aggiornare i loro piani, per poi presentare la versione definitiva entro il 31 dicembre 2026.

La roadmap verso emissioni zero degli edifici

L’Ue ha stabilito una roadmap per poter conseguire gradualmente l’obiettivo finale delle emissioni zero entro il 2050 (completa decarbonizzazione). Il raggiungimento degli obiettivi, anche quelli intermedi, come la riduzione del consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 sarà monitorato dalla Commissione europea proprio grazie ai piani nazionali di ristrutturazione. Vale la pensa a questo punto evidenziare che raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050 quindi non significa eliminare del tutto le emissioni di CO2, ma più semplicemente che si riuscirà ad assorbirle tutte, cioè ad impedire che vi sia un rilascio in atmosfera di emissioni che obtorto collo saranno prodotte.

Veniamo al dunque, ristrutturazioni obbligatorie o facoltative?

Fatta questa doverosa premessa vediamo ora cosa è successo nei mesi successivi all’entrata in vigore della direttiva Green.

L’accoglienza alla direttiva Case green, va detto, non è stata delle migliori, sostanzialmente per una ragione economica, basti leggere alcuni commenti al video “Case green: cambiato tutto? Esaminiamo novità e criticità della direttiva approvata definitivamente” pubblicato dallo Studio legale Enrico Candiani, per farsi un’idea.

L’Italia ha sperimentato negli anni passati il Superbonus e altre agevolazioni fiscali sulla casa. Gli incentivi hanno sì favorito un rinnovamento “spontaneo” di una parte del patrimonio immobiliare ma, ad oggi, c’è ancora tanto da fare.

Nel frattempo i governi che si sono succeduti, da quello di Mario Draghi in poi, hanno chiuso “il rubinetto” perché l’Italia aveva superato la soglia del 3% del rapporto deficit-PIL ed eravamo entrati nella procedura d’infrazione dell’Ue per deficit eccessivo, regola che durante l’emergenza Covid-19 era stata sospesa.

A fine giugno 2025 la Commissione europea ha pubblicato le linee guida per l’attuazione della direttiva, un pacchetto composto da un regolamento delegato, un regolamento di esecuzione e 13 documenti di orientamento su temi specifici.

L’Italia, al momento, non ha ancora recepito la direttiva Case Green nella propria legislazione, e non si sa se lo farà, sostanzialmente perché è stata data priorità nelle manovre finanziarie, a uscire prima dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo.

In questa logica si spiega l’assenza della Direttiva Case Green (EPBD IV) nel disegno di legge delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea - Legge di delegazione europea 2025, approvato con urgenza lo scorso 22 luglio.

Ad agosto è stato dato il via libera dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica al Conto Termico 3.0, che aggiorna e potenzia il meccanismo di incentivazione per interventi di piccole dimensioni, finalizzati all’incremento dell’efficienza energetica e alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili negli edifici. Il testo prevede un limite di spesa annua di 900 milioni, di cui 400 destinati alle Pa e 500 per i privati. In questo caso però si tratta interventi di ristrutturazione edilizia facoltativi, non certo obbligatori.

Va detto che almeno una delle prime due tappe previste dalla roadmap della direttiva Case green è stata comunque effettuata, ovvero lo stop dal 1° gennaio 2025 agli incentivi fiscali per l’installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili, e questo a prescindere dal recepimento della direttiva.

E infine, nella bozza bollinata della manovra 2026 da poco presentata non si parla neanche del cosiddetto Piano Casa di cui la premier Meloni aveva accennato allo scorso Meeting di Rimini.

Prossimamente capiremo se l’Italia presenterà per tempo, cioè entro il 31 dicembre 2025, il proprio piano nazionale di ristrutturazione, oppure se tirerà dritto, rimandando il più possibile fino al termine ultimo per recepire la direttiva, ovvero entro il 29 maggio 2026.

L’impressione ad ogni modo è che il governo italiano spinga per incentivare interventi di ristrutturazione facoltativi piuttosto che infilarsi nel tunnel della direttiva Case green che significherebbe di fatto predisporre un piano di ristrutturazioni edilizie “obbligatorie” nel tempo.

E probabilmente rimarrà su queste posizioni, anche solo per una mera questione di consenso elettorale, almeno fino a quando non si sarà trovato il modo, come ha ribadito il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, di rendere conveniente e quindi non soltanto obbligatoria, l’operazione: “Ci deve essere un vantaggio anche economico, non un onere, bisogna creare le condizioni di appetibilità. Per arrivarci non deve esserci un onere insopportabile per la famiglia italiana”.

Va da sé che fino a quando l’Italia rimarrà alla finestra lo stesso faranno la maggior parte degli italiani, rimandando il più possibile interventi onerosi e facoltativi.

Risorse umane

Non da ultimo ci sarà da risolvere anche un problema, non meno importate, come quello del reperimento delle risorse umane. L’impatto della direttiva case green non è infatti solo una questione di risorse economiche.

L’ultimo allarme in ordine temporale lo hanno lanciato pochi giorni fa Green Building Council Italia (GBC Italia), Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e Accademia Italiana di Biofilia (AIB), secondo cui nel nostro Paese mancherebbero all’appello circa 15 mila professionisti specializzati in edilizia sostenibile. Un altro deficit che rischia di rallentare la transizione del patrimonio edilizio verso l’efficienza energetica.

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