Con la sentenza n. 17292/2025 depositata l'8 maggio, la Corte di Cassazione (Penale Sez. 3) fornisce chiarimenti in merito all'ambito di applicazione della nuova sanatoria semplificata di cui all'articolo 36-bis del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), introdotto dal decreto Salva Casa (d.l. n. 69/2024 convertito con modificazioni dalla legge. n. 105 del 2024) ed entrato in vigore il 30 maggio 2024.
No all'applicazione retroattiva
Il Collegio evidenzia, in primo luogo, come debba essere esclusa l'applicabilità di tale jus superveniens al caso concreto, non rinvenendosi nel testo del d.l. n. 69/2024 alcuna disposizione transitoria intesa a consentire l'applicazione in via retroattiva della nuova disciplina alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore, sicché, in difetto di un'espressa statuizione di retroattività, non può che trovare applicazione la regola generale sancita dall'art. 11 disp. prel. cod. civ..
Tale principio, già affermato dal Consiglio di Stato e, incidentalmente, dalla Corte costituzionale, è stato riaffermato dalla Cassazione penale in dei recenti arresti.
Esclusi dal nuovo istituto gli interventi completamente abusivi
“In secondo luogo, tale istituto trova applicazione in caso di interventi realizzati: a) in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34; b) in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37; c) in presenza di variazioni essenziali di cui all'articolo 32”, ricorda la Corte di cassazione.
“Esso non potrebbe quindi trovare applicazione nel caso di specie, in cui è intervenuta condanna per il reato di cui all'articolo 20, lettera b), L. 47/1985, per avere gli imputati realizzato un ampliamento di mq. 50 di fabbricato esistente, realizzazione pilastri in cemento armato con rampa e torrino scala, in «totale assenza» di titolo autorizzativo, tipologia di intervento abusivo che, al pari della «totale difformità», non può rientrare nella sfera di applicazione del nuovo istituto, la cui sfera di applicazione, stante la sua natura derogatoria rispetto a un principio, quello della «doppia conformità», rientrante tra le «norme fondamentali di riforma economico-sociale» (così Corte Costituzionale, sentenza n. 125 del 2024), assolutamente eccezionale”, osserva la suprema Corte.
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