Il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. "doppia conformità"), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico Edilizia), è da ritenersi escluso nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell'autorizzazione sismica.
Questo principio è stato recentemente ricordato dalla Corte di Cassazione (Penale Sez. 3), nella sentenza n. 24980/2025 (Udienza il 3 aprile 2025).
Il principio va esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato
Il suddetto principio, precisa la suprema Corte, “deve essere esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica realizzate in violazione degli artt. 64, commi 2, 3 e 4, e 65 d.P.R. n. 380 del 2001 ma, più in generale, alle opere realizzate in violazione della "disciplina edilizia" vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso che a quello della presentazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria. Ciò per due motivi:
(i) quanto alle opere in conglomerato cementizio e a struttura metallica, perché i reati di cui agli artt. 71 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 non sono, al pari di quelli che sanzionano l'abusiva realizzazione delle opere in zone sismiche, in alcun modo sanabili;
(il) perché, più in generale, la doppia conformità imposta dall'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 deve riguardare non solo la disciplina urbanistica, ma anche quella edilizia, dovendosi intendere per "disciplina edilizia" l'insieme delle norme tecniche comprese nella parte seconda del d.P.R. n. 380 del 2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all'art. 4 d.P.R. n. 380 del 2001 (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) e, più in generale, le norme di fonte primaria e/o secondaria che regolamentano, con efficacia cogente, l'attività costruttiva condizionando il rilascio del permesso di costruire (art. 12 d.P.R. n. 380 del 2001), imponendo l'acquisizione, in fase istruttoria, non solo dei «documenti previsti dalla parte II» del d.P.R. n. 380 del 2001, ma anche della dichiarazione del progettista abilitato «che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normativa di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all'efficienza energetica» (art. 20, comma 1, d.P.R. n. 380, cit.)”.
Pertanto, conclude la Cassazione, “il permesso di costruire in sanatoria non può essere rilasciato ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 se non ricorrono le medesime condizioni che avrebbero consentito il rilascio del permesso di costruire a titolo originario”.
Sanatoria di opere realizzate in area vincolata
Inoltre, la suprema Corte ricorda e ribadisce che, “in tema di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di opere realizzate in area vincolata, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell'intervento già realizzato”.